Fairchild Channel F, e l’avvento dei videogiochi in cartuccia.

Oggi vi parlerò di una console molto importante, quanto abbastanza bruttina, si tratta di Fairchild Channel F, che da noi venne importata con una “replica ufficiale” dal nome di Saba Videoplay… che sostanzialmente è quella che mi ha fatto venire voglia di scavare il passato di questa console.

Fairchild Channel F
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Fairchild-Channel-F.png

La storia racchiusa in questa grande (di dimensioni intendo, e di peso) console, sta nel fatto che fu la prima vera e propria console a cartucce.

L’evoluzione e la nascita delle cartucce rappresentano un’evoluzione talmente profonda e radicata, da far sembrare scontato ed ovvio, quello che questa console introdusse. In realtà anche i controller, da questo momento in poi vedranno un’evoluzione.

Facciamo un bel balzo indietro, nel tempo, andiamo nei primi anni 70, fine anni 60… basettoni e caldo della florida in quello che è un abbozzo della Silicon Valley.

Qui ci sono tantissimi ingegneri ed ingegnerini alle prese con quelli che sono i primi video games ed il loro modello di Business nelle sale da gioco. Contemporaneamente, nelle case americane, ci sono orde di ragazzini che vogliono portarsi in casa i coin op che vedono nei bar e nelle sale giochi. Si devono accontentare di una misera riproduzione di Pong… con due “volumi” (potenziometri-n.d.r.) per fa muovere le aste.

Nonno Baer prova ad accennare una ancora timida innovazione, con il suo Odyssey, vendendo questa console con dei layer da applicare alla tv, ed una serie di schede jumper per far attivare o inibire circuiterie all’interno della console,ed una serie di accessosori, ma siamo ancora lontani, da quelle che saranno le vere e proprie cartucce di gioco intercambiabili.

Insomma, tirando le somme in casa si dispone di uno ed un solo gioco… o te lo fai piacere oppure esci a farti un giro in bicicletta.

Alla luce, o meglio all’ombra di questo scenario, dall’altra parte degli States c’è una azienda, di nome AMF (american machine and foundry), che proviene dal mondo dei tabelloni automatizzati per le sale bowling (ah sì, o ti vai a fare un giro in bicicletta o ti fai un bowling). L’AMF, vede il business nel creare e vendere un sistema computerizzato per segnare punti nelle sale bowling, fino a quel momento lo si faceva a mano e a matita (e forse si continuerà ancora per un po’)

Come in tutte le storie che si rispettino AMF, nel 1969, decide di trasferire il reparto di ricerca e sviluppo da Stamford, nel Connecticut, alla Carolina del Nord. Dato che non era dietro l’angolo alcuni ingegneri di AMF decidono di andarsene e formare un’azienda per i fatti propri. Tra questi vi è Norman Alpert il quale fonderà l’Alpex Computer Corporation

Alpert, dato il modello e mondo di business da cui proviene, decide di investire le sue forze in registratori di cassa, ma purtroppo come partner di questa joint venture, si affida ad un concorrente della IBM e NCR, facendo terminare il progetto nel 73, nonché portando quasi al fallimento la stessa Alpex.

Come ultimo canto del cigno, oppure come atto di “pazzia” estrema, ponderato dal nascente business (nel ’72 Odyssey arriva sul mercato) Alpert, Kirschner ed una manciata di gente, (quella che era rimasta), si buttano a capofitto nel mondo domestico dei videogames, vedendo in Odyssey un papabile modello di elettrodomestico da sviluppare, migliorare ed inserire in tutte case degli americani.

UN’IDEA SEMPLICE

La logica del progetto era semplice: Odyssey iniziava ad utilizzare “un mini computer” per i suoi “giochi”, ma nel giro di un paio di anni, occorre calcolare che Odyssey nasce “leggermente”, arrivano in commercio componenti di Intel, quali il chip 4004 e nel 74 l’8008, capaci di prestazioni migliori rispetto a quelli impiegati sulla console di Baer. Insomma ci sono i mezzi per far meglio, un mercato nuovo e potenzialmente florido, perché non buttarcisi?

Fairchild Semiconductors

nel 1957 a San Josè 8 “loschi individui” fondano la Fairichild semiconductors. Si tratta dei famosi otto traditori: Giulio Blank, Victor Grinich, Jean Hoerni, Eugene Kleiner, Jay Scorso, Gordon Moore, Robert Noyce, e Sheldon Roberts “scappati “ dalla Shockley Semiconductors per incontrare poi Sherman Fairchild, un uomo dalle tasche gonfie di dollari. Viene loro attribuito il nome di Traitorous 8, in funzione del fatto che alla Shokley venivano assunti talenti con particolari colloqui con interviste ai candidati e contrattazioni dello stipendio, portando poi il tutto in uno sbocco professionale all’interno dell’azienda, ma radicato da un forte senso di appartenenza (o per lo meno lo si pensava).
La Fairichild Semiconductor produceva innovativi chip al Silicio, prima si usava sostanzialmente il germanio, con lo scopo di avere prestazioni migliori di quelli esistenti. La Fairichild semiconductor è considerata un vero e proprio incubatore di talenti e precursore di quella vallata che diventerà di fatto la Silicon Valley. Ogni società “figlia” di Fairchild, in gergo viene denominata scherzosamente Fairchildren. Tra di esse, e se vi avesse già colpito il nome, possiamo annoverare Intel (Robert Noyce) e Amd (Jerry Sanders… ex dipendente di Fairchild Semiconductors

Così, nel 1974, Kirschner ottiene l’ok dal big boss Alpert, per far partire il progetto di una home console. Consapevole della “corsa al videogioco” Alpert dà anche l’ok per affiancare Lawrence Haskel a Kirschner, i due tra l’altro si conoscono dai tempi dell’AMF.

Kirschner dovrà sviluppare l’hardware e Haskel i videogiochi. Il focus è un elettrodomestico dove l’utilizatore potrà cambiare gioco a piacimento, dove sarà il gioco stesso e questa caratteristica a farla da padrone.

RAVEN

Kirschner e Haskel, iniziano a lavorare a quello che viene chiamato Remote Acces Video Enterteinment, per gli amici Raven. Inutile dire che i due, o meglio Haskel, si ispiravano ai videogiochi sportivi dell’epoca… i vari pong.

stavo andando a vedere il reparto mobili e c’era un bambino che giocava con una Odyssey. Mi sono seduto ed ho giocato con lui per quasi un’ora. È stata la cosa più bella che avessi mai visto; non riuscivo a togliermela dalla mente

Haskel rimase letteralmente folgorato dalla macchina di Baer che ne volle fare una simile. Ma se da un lato il Pong, o tennis erano il must, la tendenza o semplicemente l’unico gioco dell’epoca, dall’altro lato un nuovo prodotto si deve comunque differenziare. La visione di Haskel volle tirare in ballo un “nuovo vecchio sport” popolare nel Nord – Est americano (dove di fatto l’Alpex risiedeva): l’hockey.

ci giocavamo ogni inverno su uno stagno ghiacciato dietro la nostra casa in Connecticut; ad oggi penso ancora che sia il gioco più impegnativo a cui abbia mai giocato”

Haskel

… non ho mai capito se si riferisse all’attività fisica oppure al gioco che aveva in mente e che ha poi ideato.

La “versione” innovativa di Haskel, infatti, poteva essere scambiata al primo sguardo per un Pong, ma conteneva idee ed innovazioni degne di nota, nonché di “entertainment”.

Si partiva da una base “Pong”, a cui venne inserito un cronometro ed un sistema di punteggi. La seconda innovazione fu quella di poter ruotare le barre… le pagaie (con una immaginazione degna dei games ’70s) in senso orario o antiorario, in modo da avere nuove traiettorie della pallin… ehm del disco. Ultima ma non meno importate novità: la possibilità di muovere la barra del portiere.

E’ il gioco più difficile a cui abbia mai giocato

Kirschner

Le tue mani erano impegnatissime con questo gioco. C’era un pulsante per ogni movimento”

Haskel
Schema del prototipo di Raven
Come si può notare, i due controller, hanno una discreta quantittà di tasti posti con quello che è un abbozzo di doppia croce direzionale. Nello schema si nota come ogni pulsante sia legato ad un’interazione con la relativa barra sullo schermo
credit https://vglegacy.com/hardware/fairchild-channel-f/

I successivi “titoli” che Haskel affiancò al gioco dell’Hockey furono Tic-Tac-Toe (il gioco del tris), Doodle (una specie di paint primordiale) e Shooting Gallery (una rassegna di minigiochi tipo tiro a segno… con l’immaginazione dell’epoca).

Ma il problema cruciale si stava avvicinando inesorabilmente, come un’ombra di un assassino che incombe su quella della sua vittima. Occorreva un modo per poter intercambiare i giochi (i programmi) in modo rapido, sicuro ed economico. Ricordiamoci che la missione era che l’utente doveva acquistare la macchina una sola volta, mentre il business sarebbe stato nel comprare giochi.

FACCIAMO 2 CALCOLI

L’epifania, probabilmente, avvenne quando nel 71 comparve sul mercato la calcolatrice HP-9810, la quale aveva “delle cartucce” che riuscivano ad includere o escludere funzioni matematiche ad hoc per chi la utilizzava. Sicuramente, anche se pare passò inosservata, questa caratteristica deve aver scaturito qualche curiosità. Pensate che fino a quel momento, tutto ciò che poteva essere archiviato o “spostato” da un mezzo informatico all’altro, viaggiava su nastri, ma qui c’era la svolta: si trattava di un modulo.

Da qui, il passo successivo fu breve: occorreva un sistema facile per innestare e disinnestare rom contenti diversi giochi all’interno della console.

Ok il concetto funzionava , ma se avete presente come è fatto un chip, sapete anche quanto è fragile la sua movimentazione, specialmente se il target degli utenti è rappresentato da bambini con mani appiccicose ed energia che sprizza da tutti i pori. Occorreva quindi affinare il sistema. Come? Semplicissimo, gli ingegneri di Alpex, produssero un circuito stampato, al quale saldarono il chip e che a sua volta infilarono in una scatoletta. Successivamente collegarono queste scatolette alla console… RAVEN era nata.

UNA BUONA IDEA MA…

Kirschner e Haskel, con la loro scatola, alla quale era attaccata un’altra scatoletta, si fiondarono da Alpert (forse anche per batter cassa), il quale rimase entusiasta del prodotto ma… anche lui si ritrovò con in mano una scatola con attaccata un’altra scatola ma in cerca di partner commerciali che gli potessero dare una mano per farla uscire dal suo stato embrionale. Perché non provare con i produttori di televisioni? Alla fine, il prodotto era destinato al loro ecosistema! (remember brown box?)

Nessuno di loro era interessato, avevano la testa nella sabbia, appena usciti dall’era delle valvole a vuoto e non facevano da soli progetti elettronici transistorizzati, ecco perché poi sono scomparsi

Kirschner

… progetti elettronici transistorizzati… questa frase rigirava nella testa…

Cavoli! Ecco l’intuizione. Perché non migliorare il prodotto e rivolgersi verso chi progettava già “il futuro”, vi ricordate vero di quei famosi “traitorous eight” di Farchild? magari avrebbero messo un pò di “risorse” nel progetto! In quattro e quattr’otto ecco che Alpert, aveva già telefonato al suo agente di commercio preferito, di nome Fogarty, dipendente della Fairchild semiconductors, nonché invitato per una visita aziendale.

Quando Fogarty arrivò alla Alpex, gli fu subito mostrata RAVEN e quello che poteva fare, nonché tutte le intuizioni e i progetti dietro a questa. Insomma, se lo volevano fare loro.

Questi ragazzi sono più intelligenti della merda!

Fogarty

Direi, che non ci sono equivoci. Era fatta. Qualche telefonata e qualche passaggio con i vari boss ed ecco che un certo Landrum ed un certo Lawson erano già in partenza per il Connecticut… Si Lawson era proprio quel Lawson.

JERRY LAWSON

Jerry Lawson era un vero mago dell’elettronica, nonché considerato il padre del videogioco moderno. Nato a New York nel 1940.è stato il primo ingegnere informatico afroamericano della Silicon Valley. Figlio di una famiglia umile, viene invogliato a coltivare la passione per la scienza e l’elettronica fin da bambino. A 13 anni consegue la licenza di radioamatore e si costruisce nella propria stanza la sua stazione radio. Guadagna spiccioli riparando televisori e, sebbene non abbia conseguito la laurea in ingegneria informatica, riesce a trovare impiego presso la Fairchild Semiconductor. Negli anni 70, inizia a costruire il suo proprio videogioco nel garage di casa: Demolition Derby. Il gioco sarà completato nel 1975, utilizzando un processore della Fairchild. Sarà anche uno dei primissimi giochi ad utilizzare questa tecnologia.

È parte più che importante per lo sviluppo di Fairchild Channel F. Nel 1980, lascia la Fairchild per fondare la videosoft, una società che lavorerà per Atari.
Durante la sua carriera collabora anche con Stevie Wonder, su un progetto che non vedrà mail la luce.
Nel marzo 2011, Lawson è stato premiato come pioniere del settore per il suo lavoro sul concetto di cartuccia di gioco dall’International Game Developers Association (IGDA). Lawson è stato insignito del premio ID @ Xbox Gaming Heroes al 21 ° Independent Games Festival il 20 marzo 2019 per aver guidato lo sviluppo della prima console di gioco a cartuccia. Intorno al 2003, Lawson ha iniziato ad avere complicazioni dovute al diabete, perdendo l’uso di una gamba e la vista da un occhio. Il 9 aprile 2011, circa un mese dopo essere stato onorato dall’IGDA, è morto per complicazioni dovute al diabete. Al momento della sua morte, risiedeva a Santa Clara, in California, e gli sopravvissero sua moglie, due figli e suo fratello.

DA RAVEN A STRATOS

Quando videro i due bussare alla porta, i signori di Alpex, avevano capito che era fatta.

Lawosn, durante la spedizione, segretamente riferiva direttamente ad un pezzo grosso di Fairchild, ed aveva il compito di carpire e far suo ogni segreto che all’Alpex avevano messo dentro a Raven. Lawson vide del buono nel progetto e decise quindi di intraprendere l’avventura. Tuttavia andavano sistemate alcune cose. Una delle prime era che Raven utilizzava una “cpu” di Intel, rivale di Fairchild, pertanto, Kirschner, Haskel e Lawson dovettero riconvertire tutta la macchina affinché potesse lavorare con il chip F8 di Fairchild ed eliminare “la concorrenza”.

Sciolto il nodo di come poter far lavorare la macchina con un chip proprietario, e di conseguenza poter schiaffare il proprio nome e logo sulla macchina, restava il fatto di dover convertire il primordiale controller multi tasto di Heskel in qualcosa di più gestibile e funzionale. Anche in questo caso interviene Lawson, ma si fa aiutare da un “genio” dell’epoca: un certo Nic(k)-holas Talesfore.

Nik e Jerry studiano un’innovativa “manetta” da impugnare con una sola mano, ma che può essere al contempo ruotata tirata e premuta dall’altra mano. Di fatto è e rimane a mio avviso il controller più innovativo mai creato (all’epoca).

Le sfide però non erano ancora finite. C’era “la GPU”, c’era il controller ma mancava ancora il tassello – scontato – ma più importante: i giochi. I programmi che Haskel aveva elaborato fino a quel momento, erano ottimizzati per il chip di Intel, ma non propriamente per quello di Fairchild.
Passarono notti insonni e decine di righe di programma furono riscritte, ma alla fine Hockey, andò a finire integrato nella console, mentre Tic-Tac-Toe Shooting Gallery e Doodle diventeranno i giochi contenuti nella prima cartuccia.

il nome del progetto, inoltre, venne rivisto a favore di un bel più altisonante STRATOS

ANCHE L’OCCHIO VUOLE LA SUA PARTE.

Mentre il reparto di ingegneria informatica era all’opera su tutte le varie implementazioni descritte sopra, anche il reparto design aveva il suo da fare. Talesfore, oltre al lavoro sul controller, aveva il compito di dare un taglio più estetico alla console, ma soprattutto doveva rendere estetico e funzionale il sistema di scambio gioco con cartucce. A lui si affiancò Ron Smith, che poco prima stava lavorando ad un prototipo di calcolatrice con moduli cartucce intercambiabili (strano ma vero… n.d.r.), che finì per rimanere su un pezzo di carta. Incaricato di creare la scocca esterna, è curioso l’aneddoto da lui raccontato in cui a stampo pressoché completato, scoprì che occorreva una feritoia ed un sistema di sgancio ed aggancio delle cartucce.

Le cartucce, quelle del prototipo di Raven Stratos, erano sì funzionali, ma al contempo erano fragili e goffe. Per le cartucce Talesfore si ispirò principalmente alle cassette stereo 8, un formato più che diffuso all’epoca. Sostanzialmente si ispirò anche per semplici motivi, il primo è che era un formato collaudato e robusto, ed il secondo era che l’associazione mentale ad un nastro magnetico, dava già l’input su come gestire una cartuccia.
Ne uscì quindi una cartuccia con un sistema a molle atto a proteggere i circuiti interni da eventuali scariche elettrostatiche accidentali, con nervature in più per avere un’ottima presa in fase di estrazione ed… un colore giallo brillante! Si perché il focus era sulla cartuccia, e non sulla macchina.

Per finire…

Talesfore ingaggiò un certo Tom Kamifuji, incrociato qualche anno prima da qualche parte, per far disegnare le illustrazioni delle cartucce. Con uno stile molto particolare ed “attrattivo” con scene più che esagerate rispetto la grafica effettiva, verrà dettata anche qui la tendenza a creare copertine che puntino a conquistare l’acquirente a scapito della qualità del gioco. Politica ripresa e più che inculcata negli anni a venire.

Nel frattempo anche la scocca esterna era in dirittura d’arrivo. Talesfore e compagni si ispirarono ai primi videoregistratori dell’epoca, essendoci solo cloni Pong ed eventualmente Odyssey, come metro di paragone.

YOU LOSE TURKEY


È il messaggio che appare quando si è sconfitti in tic-tac-toe. Fu programmato da Haskel, probabilmente durante una fase di re scripting, per poter convertire i giochi al chip Intel. Il messaggio, letteralmente “hai perso tacchino” è rivolto a Lawson. In realtà lui non se ne accorse se non qualche tempo dopo, forse perché c’erano davvero molte altre cose da fare o forse perché fu programmato davvero durante notti insonni. Fatto sta che quando se ne accorse fu davvero divertito della cosa e decisero di lasciarla nella programmazione finale.

Ne risultò quindi una macchina con il classico fascione in stile legno (ripreso poi anch’esso) e molte plastiche fumé, per un aspetto più futuristico. Un’altra genialata introdotta dal comparto design, era quella di uno scomparto per alloggiare cavi e controller quando la console non era in uso.

Ecco come appariva la console, da brevetto depositato

Ormai la console stava prendendo la forma finale ed il progetto, ormai semi stravolto – in bene – rispetto a quello presentato, aveva ricevuto il nome in codice di Stratos. Landrum aveva previso che il modello sarebbe stato premiante ed avrebbe venduto 5,5 milioni di unità entro la fine del 1978, con una quota di mercato di settore prevista al 22%

Anche il nome STRATOS iniziava ad andare stretto, pertanto si iniziava a chiamare la macchina con Fairchild Video Enterteinment System o per gli amici VES, anche se da li a poco divnterà Channel F, l’abbreviazione di Channel Fun.

IL DEBUTTO, MA…

Finalmente nel giugno del 1976 la console fa il suo pubblico debutto al Summer Consumer Electronics Show di Chicago! Ma è solo un guscio vuoto! E questo fa si che molta utenza non venga effettivamente attratta da lei. Occorrerà ancora un mesetto perché la console venga mostrata in azione. Occorrerà la sua recensione su Businessweek del 6 luglio del 76.

La console finalmente riceve i giusti elogi. I controller innovativi, pensate che prima erano solo potenziometri, hanno un impatto importante sulle console future, ma vengono contestati (!) per essere cablati e non intercambiabili, abbassando, per assurdo, l’hype intorno alla macchina.

Ma una domanda: Perché questo debutto a “scatti”? Perché giocarsela male?

Fairchild in Europa

Fairchild Arriverà in europa qualche anno più tardi, con repliche ufficiali ed importata da vari marchi, sempre riconducibili ad elettrodomestici legati più o meno stretti a marchi di televisori. Luxor Video Entertainment System in Svezia, la Adman Grandstand in Gran Bretagna, la Saba Videoplay, la Nordmende Teleplay e la ITT Tele-Match Processor in Germania e la Dumont Videoplay e la Barco Challenger (della società Barco/Dumont) in Italia e Belgio.
Naturalmente, l’Hokey, nella versione tedesca che possiedo, cioè Saba (marchio legato alla foresta nera), diventa Fussbal, cioè il calcio.

Semplice: il concetto di gioco su cartuccia si stava diffondendo. Da una parte ne era la naturale evoluzione del pensiero di Baer con più giochi in una macchina, dall’altra era una ispirazione comune, vedi i vari stereo 8 o la famosa calcolatrice o forse…

Forse c’erano altri interessati a questa cosa ed occorreva debuttare il prima possibile e cercare di depositare tutti i brevetti, in modo che, come accaduto per i Pong, la gente si fidelizzasse ad un marchio (Atari in quel caso)o lo riconducesse ad esso.
I diretti competitor di Channel F erano l’RCA studio 2 ed il futuro Atari 2600.

Su Rca possiamo quasi affermare che ci sia uno studio parallelo sulle cartucce, anche se essendo una console rimasta abbastanza nel sottobosco, anche le sue storie risultano difficili da scoprire (magari ci proverò).

Per quanto riguarda Atari, la faccenda si fa un filo più intrigata.
Atari era nota all’epoca per “inghiottire” letteralmente gli ingegneri nella propria azienda, forte anche del fatto che questi, in azienda, avevano letteralmente carta bianca su tutto, l’importante erano solo le scadenze dei progetti. Fu così che probabilmente un certo Dugh Hardy, assunto da Smith durante le lavorazioni sulle cartucce di Channel F, decise di abbandonare Fairchild per unirsi ad Atari, portando con sé informazioni preziose. Casualmente fu lui a progettare scocca e cartucce per la console che nel 1977 fece il suo debutto come Atari VCS. Le cartucce sono differenti solo perché nel frattempo, e giustamente, Channel F aveva già debuttato e registrato i brevetti.

Perché allora Channel F rimane sempre seconda ad Atari? Beh purtroppo è semplice: impara l’arte e mettila da parte. Atari inglobò letteralmente ciò che era ok di Channel F, nello specifico il sistema cartucce… ed io ci metterei anche un po’ di design, e migliorò ciò che non andava, i controller ad esempio. Ma vinse soprattutto grazie ai titoli di cui disponeva, tra cui vantava Space Invaders e Pacman, tutti confezionati con una brochure ed immagini accattivanti ma con un risultato pessimo sullo schermo. Di fatto, però, aveva asfaltato la concorrenza.

Nel 1978 Fairchild o meglio la Zircon international, che nel frattempo aveva acquisito i diritti, ridisegnò la console, e stavolta mise pure i controller intercambiabili e pulsante di fuoco. i Jet Firestick

Ma il danno era fatto. Con l’intuizione delle cartucce erano entrati in ballo i software di gioco, ed erano loro, che sul mercato decidevano i vincitori ed i perdenti (e di questo se ne accorsero anche i programmatori, ma questa è un’altra storia).

CONCLUDENDO…

Mi sono reso conto di aver scritto davvero tanto su questa console. Una console che spesso viene bypassata durante i racconti o che comunque tende ad occupare un ruolo sempre secondario o marginale quando si parla di storia dei videogiochi. In realtà, come avete potuto leggere, racchiude in sé una storia preziosissima e davvero unica, ma decisamente eclissata da altri marchi più blasonati dell’epoca. Per l’ennesima volta, è il modello di business e di come si colloca il prodotto sul mercato a vincere. Tuttavia reputo Fairchild Channel F come un grandissimo pezzo di storia e spero, con qusto articolo, di aver messo in voi la voglia di andarla a ricercare o di conservare per lei uno spazio nella vostra collezione.

CONCLUDENDO pt 2…

Nel 1986, sinceramente non so da cosa fosse scaturita la cosa, Alpex decide di far causa a Nintendo, la quale stava più che cavalcando l’onda. Contestò che nintendo usava il proprio brevetto per le cartucce e che quindi doveva all’azienda le royalties. Initile dire che, grazie ad un cavillo su cui si basava il brevetto e grazie al quale Ninendo ne usciva indenne, tutto andò a decadere.

Se volete approfondire.

credits

  • Molta voglia di scrivere
  • alcune imperfezioni riscontrate dopo la visione di Hiscore su netflix
  • tantissime ricerche on line
  • una console donatami da un grande amico: Fedeweb

The Untold Story Of The Invention Of The Game CartridgeFairchild Channel F – WikipediaGoogle TraduttoreRobert Noyce – WikipediaDarius Cozmic Collection Arcade, Recensione – IlVideogioco.comfairchild channel f – Ricerca GoogleGoogle TraduttoreFairchild Channel F Information – Time LineFairchild Channel F Information – Time Linecat1-inside-all.jpg (immagine JPEG, 1591 × 821 pixel) – Riscalata (80%)

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CASSAcorporation

CASSAcorporation Gaming, Retrogaming e altro ! Gioco ai videogames da quando sono piccolo, me ne innamorai utlizzando un clone di pong e da allora non ho acora smesso di giocare. Più in là negli anni, e nel tempo libero, ho deciso di scrivere un blog sulla mia passione. Gran parte degli oggetti che vedi fanno parte della mia collezione

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